“Sconfinamenti”
Silvia Secco
Se esistesse una sacralità dei colori, essa probabilmente spetterebbe al blu, alle varie gradazioni
del blu che raccontano l’acqua oppure il cielo, in quanto elementi non imbrigliabili,
continuamente mutevoli nelle loro liquide o aeree transustanziazioni. Probabilmente per questo,
poiché qualunque idea o sentimento di superamento è, per propria natura, contraria al concetto
di limite, Martina Dalla Stella compone, attraverso l’esposizione di questi dipinti, selezionati
dall’artista per il progetto espositivo Sconfinamenti, una vasta, consacrata stanza blu: un
ambiente celeste – nelle sue varie sfumature, dal grigio chiarissimo al verde – all’interno del quale
ci si pone in attesa, in ascolto, in contemplazione riflessiva.
Osservando questi dipinti prima di tutto infatti, si avverte la necessità di rimanere in silenzio. La
parola spetta loro, ed essi, nel proprio silenzioso mostrarsi, raccontano di miracolose gestazioni
di figli, cresciuti con gli stessi lineamenti dei loro parenti, e già però equilibristi, sul filo sottile che
unisce – più di quanto separi – l’infanzia e la scoperta autonoma del mondo, lo stare nel grembo
e la separazione. Raccontano, maestosi, i notturni avvenimenti della luna, che essa si mostri o si
nasconda, dei teli stesi in trasparenza nel buio, ancora sui fili. Raccontano, ancora, le storie e le
motivazioni dei corpi.
Sacro, infatti, è anche il corpo nei dipinti di Martina: questa materia mostrata nella sua densità
come un contenitore e non, meramente, come involucro. E’ commovente, ad esempio, questo
corpo nudo di donna del dipinto “Sconfinamenti”, che lentamente e progressivamente si volta,
nei tre dei quattro ambienti che compongono la scena, fino a dissolversi, nel quarto, finalmente
liberato dal reticolo. E’ commovente nella sua nuda realtà di spessore, sfinimento e prostrazione,
che non lasciano spazio alcuno all’ideale. Noi lo guardiamo, prima di spalle tenersi le braccia, ne
avvertiamo l’inadeguatezza e il dolore; poi, l’ultimo quarto ci conforta, nudo del corpo nudo,
come ci fosse, fosse possibile – il volo, la trasformazione, la speranza –
Tornano ancora, anche in questo progetto espositivo e perfettamente adeguati al contesto, i
corpi neri e bianchi appena abbozzati dei morti sulle rive e dell’umanità in cammino. Sono questi,
(la sequenza dei Limite, Limiti, di La poca memoria ed il meraviglioso La rotta dei Balcani), i dipinti
di Martina Dalla Stella maggiormente immersi nella contemporaneità tragica alla quale
assistiamo e quello dell’artista pare essere un gesto del capo che nega, che non comprende: un
gesto di ribellione che culmina con il bellissimo, recentissimo ed inquietante dipinto Stay human,
nel quale l’urlo stravolge il volto, assorda, devasta e deflagra, fino al dismorfismo, fino al
concetto stesso di grido, al suo archetipo.
Se esistesse una sacralità concessa come dimensione possibile agli esseri terresti, essa
probabilmente spetterebbe a questo blu, sotto-celeste al punto da sembrare sottomarino.
Riguarderebbe la sfera rispettosa dell’ascolto e dell’attenzione e, in questo ascolto e in questa
riverente posa, con le braccia ed i palmi aperti all’accoglienza, liquidi e celesti come l’aria e liberi
dai legacci e dai confini, sì: nel silenzio ci renderebbe ancora umani, nonostante tutto. Ma c’è
bisogno di educare, al silenzio così come al rispetto, all’attesa ed alla comprensione.
Anche a questo fine questo progetto sconfina e, per la sua inaugurazione, l’arte dipinta ha
desiderato una compagna nobile, come la poesia, che questo universo sottocutaneo conosce
così bene e che sa sorridere, sorella, al silenzio bianco nei propri a capo.
Così, il progetto espositivo diventa, almeno per una sera, una scena vocale: Sconfinamenti, la
parola dipinta (pittura e poesia in dialogo), nella quale si cammini senza calpestare, si intonino i
versi adatti e le cantilene. E si ripeta, si ripeta nel silenzio fino al necessario: almeno fino al vento,
all’altitudine, al cielo.
Non ci siamo mai guardati negli occhi
né osservato dubbiosi le stelle
non ci siamo riparati in un portone
dalla pioggia battente
non siamo scivolati sulla neve
e riso, tu non hai pianto di gioia
la prima volta che abbiamo fatto
l’amore, io non ti ho accarezzato
quando avevi la febbre, i nostri calici
non hanno tintinnato in ricordo
di anni passati, non ci siamo mai
augurati un lungo futuro insieme.
Io e te ci incontriamo nell’aria
quando lo vuole il vento.
Claudia Zironi
Mi hanno raccontato di sirene
ammutolite nei millenni dei calcari
ma ho sentito che una mano che accarezza
libera canzoni dentro i tagli, e lamine
di pietra si traducono in corde vocali.
Dico che il prodigio è il tentativo
il tentativo ancora, fino al suono –
Silvia Secco
L’arte di Martina Dalla Stella incontra la parola poetica di Claudia Zironi e Silvia Secco. L’artista e
le poetesse condividono da anni la rappresentazione delle loro singolarità artistiche. Questo
progetto di poesia e pittura in dialogo, scaturito dalle esperienze di comuni recital poetici,
esposizioni artistiche accompagnate da voci recitanti, e culminato nell’edizione di un vero e
proprio piccolo libro d’arte “Ursprüngliches Leben, Poesia e pittura in dialogo” che raccoglie le
poesie e i dipinti (ed. Edizionifolli 2018), intende realizzare il sogno del dialogo possibile e, a volte,
inevitabile, fra le diverse modalità nelle quali il respiro del mondo si fa creazione artistica. Si tratta
del progetto di una esposizione d’arte dei dipinti di Martina Dalla Stella, nella quale il percorso
fra le opere sia guidato dalla voce recitante delle due poetesse, attraverso la manifestazione
delle molteplici ed effettive corrispondenze fra la parola poetica ed il dipinto. Le poesie di Claudia
Zironi e Silvia Secco, in questo modo, dialogano tra di loro e con i dipinti di Martina Dalla Stella in
modo assolutamente pregnante, in sequenze multivoce, ripetizioni, silenzi, toccando temi
filosofici, civili e amorosi. Il pubblico partecipe alla mostra d’arte viene coinvolto a sua volta e
invitato a seguire una sorta di cammino vocale comune, che si snoda attraverso i dipinti e le varie
soste di parole poetiche accanto ad alcuni di questi.